A luglio 2009 è stato pubblicato dai CSV del Lazio CESV e SPES il volume “Scuolemigranti - Le scuole popolari di italiano per migranti a Roma e nel Lazio”. Si tratta di una ricerca sociale che si pone l'obiettivo di indagare sui corsi gratuiti di lingua italiana promossi e gestiti da associazioni di volontariato e da altri enti del terzo settore a Roma e nel Lazio. Particolare attenzione è posta sull'approfondimento delle soluzioni organizzative e delle scelte metodologiche adottate dalle scuole popolari per garantire una bassa soglia di accesso ai percorsi formativi. L’obiettivo è quello di riuscire a valorizzare queste esperienze, conoscerle, farle conoscere, mettendole in rete, in modo che ci sia una condivisione di queste culture e pratiche, con un loro eventuale passaggio da una dimensione di sperimentazione ad una dimensione di applicazione più ampia, anche nel mondo della scuola pubblica.
Il lavoro parte dalla considerazione che - nonostante il fatto che la conoscenza della lingua della società di accoglienza sia una conditio sine qua non per realizzare un percorso di interazione culturale e di integrazione sociale - l’offerta di corsi di italiano gratuiti per stranieri è caratterizzata a Roma e nel Lazio da una notevole carenza strutturale.
Il sistema pubblico di educazione per adulti svolge un lavoro importante attraverso i CTP, ma riesce a soddisfare solo una parte minoritaria della domanda di corsi di italiano L2. Numerosi enti di volontariato e del terzo settore si sono organizzati per rispondere alla crescente domanda di corsi di lingua italiana e per integrare l’offerta formativa pubblica, mettendo in campo interventi di formazione non formali che si pongono nel solco della tradizione delle “scuole popolari”.
Dati alla mano la ricerca dimostra che questi interventi messi in campo dall’associazionismo non rappresentano una offerta di tipo residuale, ma al contrario danno un apporto strutturale e quantitativamente significativo, dato che permettono la presa in carico di un numero di studenti quasi uguale a quello delle scuole pubbliche. Resta il fatto che CTP e associazionismo insieme coprono solo una parte dell’incremento annuo di migranti, e che una porzione consistente della domanda rimane comunque insoddisfatta.
Al di là degli aspetti meramente quantitativi, le esperienze realizzate in questi ultimi anni hanno evidenziato come l’accessibilità dell’offerta formativa sia un elemento decisivo e non scontato, soprattutto quando si rivolge a segmenti socialmente ed economicamente vulnerabili della popolazione immigrata; in altre parole, se non si prevedono adeguate procedure di informazione, accoglienza e orientamento, anche in presenza di una offerta formativa quantitativamente sufficiente si rischia di lasciare fuori una parte consistente della domanda potenziale.
Da questo punto di vista, è importante sottolineare come numerose associazioni romane e laziali che realizzano interventi di educazione non formale abbiano impostato le proprie metodologie didattiche e i propri modelli organizzativi proprio sulla base di pratiche in grado di abbassare la soglia di accesso e favorire la partecipazione ai corsi anche di quegli stranieri che rischiano di rimanere esclusi dai circuiti formali di insegnamento.
Ovviamente, l’offerta di educazione non formale delle scuole popolari non deve essere intesa in contrapposizione con quella delle scuole pubbliche. E’ al contrario necessaria una forte integrazione tra queste risorse. Un efficace coordinamento operativo tra associazioni e agenzie educative pubbliche potrebbe ad esempio favorire il passaggio a percorsi formativi formali di quei soggetti svantaggiati entrati nel circuito formativo grazie ai corsi di bassa soglia o rendere possibile un proficuo scambio di buone prassi.
La ricerca documenta anche il percorso di collaborazione e confronto avviato nel 2008 tra numerose scuole popolari romane – con il sostegno di CESV e SPES - e che ha portato al protocollo d’intesa della rete “Scuolemigranti”.
Il lavoro è stato svolto attraverso la realizzazione di interviste a decine di testimoni privilegiati – prevalentemente insegnanti delle associazioni, ma anche rappresentanti del sistema scolastico pubblico.
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