03/10/2009 Da Repubblica.it "C'era una volta un bullo. Le fiabe insegnano la legalità"

Ce n'è uno in ogni fiaba che si rispetti. Almeno una volta nella vita ha animato i nostri incubi. E' il bullo delle favole. Il torturatore irredimibile che compie soprusi di ogni sorta contro l'eroe buono. Il canovaccio è sempre lo stesso: Cenerentola alle prese con le sorellastre, Pinocchio piantonato dal gatto e la volpe, Cappuccetto Rosso braccata dal lupo famelico. Ora un libro ripropone una galleria di nuovi smargiassi in salsa moderna. Si chiama "Le Fiabe per affrontare il bullismo". Frutto dell'esperienza educativa di Maria Calabretta, docente di scuola primaria e dottoranda in Scienze psicologiche e pedagogiche all'università Federico II di Napoli, aspira ad essere uno strumento di prevenzione per genitori e insegnanti. Il bullo nelle favole. Orchi, tiranni e streghe fanno la guerra a bambine indifese, orfanelli e fate. Come nella più classica delle epopee fiabesche. Ma se nelle versioni di Perrault o dei fratelli Grimm l'eroe malvagio faceva sistematicamente una brutta fine, qui se la cava sempre con una conversione al bene. Un epilogo un po' buonista, forse, ma funzionale al fine dell'autrice: "Il bullo non va isolato, ma educato all'accettazione dell'atro". Bando ai metodi tradizionali, dunque. La docente propone un modo alternativo per guardare al fenomeno: "Di manuali sul bullismo - spiega - ce ne sono anche troppi. L'obiettivo era abbandonare l'approccio teorico, tracciare per gli educatori un cammino da battere nella pratica scolastica quotidiana, parlare ai ragazzi nella loro stessa lingua".
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E la lingua "young" per eccellenza è la narrazione fantastica. Meglio, come in questo caso, se corredata dalle illustrazioni. Una novità soprattutto metodologica. Ma anche un contributo per tracciare l'identikit di "vittime" e "carnefici" e decodificare i segnali di disagio dietro ai banchi. Sono 14 fiabe, tutte illustrate in bianco e nero e seguite da una breve interpretazione. Il fine? Stimolare il pensiero dei ragazzi alla ricerca di azioni capaci di trasformare l'aggressività in non violenza. "I veri autori del libro sono stati i bambini. E' dall'osservazione dei loro atteggiamenti e dai loro suggerimenti che sono nati i miei personaggi", commenta l'autrice. Identikit del bullo e della bulla. Ma chi è il bullo? E' il despota egoista che non ha a cuore il bene dei propri sudditi, come ne "Il re malvagio". O l'orco orribile che schiavizza la bambina, come ne "La trappola". O ancora la strega crudele che sfida la fragile fatina, come in "Duello di magia". Le declinazioni possibili sono infinite. Una cosa è certa: alla fine non ha mai la meglio e dimostra tutta la sua debolezza. "Il bullo - è convinta l'autrice - si crede forte ma è la figura più debole. E' un leader negativo che domina sugli altri solo in virtù della sua capacità prevaricatrice, non del suo carisma". Se avete sempre pensato che il bullismo è un fenomeno tipicamente maschile, sbagliavate. Sembra infatti che anche tra le ragazze sia una piaga in espansione. E' molto più difficile da individuare, perché più subdolo, ma ancora più devastante per la vittima. "Il bullo è debole, prepotente ed esibizionista. La bulla è pettegola, invidiosa e sola. Le sue armi non sono la violenza fisica o l'estorsione, ma la calunnia e la tortura psicologica", spiega Calabretta. Come neutralizzarli?. "Non sono consapevoli del dolore che provocano nella vittima designata. Bisogna far rivivere loro le stesse emozioni che incutono negli altri. Non mettendoli alla gogna, però. Ma attraverso, per esempio, laboratori teatrali: sulla scena è più facile invertire i ruoli reali". I numeri del fenomeno. Il bullismo non è una semplice bolla mediatica. Gli episodi raccontati dai media sono solo la punta dell'iceberg di un fenomeno in crescita esponenziale, specie nella sua ultima versione: il
cyber-bullismo. Stando agli ultimi dati del Censis, promotrice nel 2008 di un'indagine commissionata dal ministero dell'Istruzione, i genitori che denunciano prepotenze di vario tipo all'interno delle classi frequentate dai propri figli sono il 49,9%. Il tasso più alto si registra nella scuola media, con il 59%. Si passa dalle offese ripetute (28,7%) agli scherzi pesanti e umiliazioni (25,9%), dall'isolamento (24,6%) a botte, calci e pugni (21,7%). Il 5,8% degli intervistati ha riferito che in classe vengono fatte riprese e sono diffuse umiliazioni tramite cellulare, mentre il 5,2% sa di insulti inviati attraverso sms o per e-mail. Come intervenire. Che la famiglia sia il luogo privilegiato per educare alla non violenza, è risaputo. "Il problema - spiega Calabretta - si pone non solo quando i genitori sono assenti, ma anche e soprattutto quando difendono i figli che sbagliano, annullando di fatto l'autorevolezza di chi educa". Per raccogliere l'sos di genitori e insegnanti, la docente ha creato un forum permanente sul suo blog e due gruppi su facebook e su Anobii. In qualità di presidente dell'Associazione disagio giovanile (A. disa. g) sta mettendo a punto uno sportello gratuito di ascolto per educatori e ragazzi, con sede a Roma. "Purtroppo - conclude - non esiste un coordinamento nazionale. I finanziamenti per i progetti volti a prevenire il fenomeno sono pochi e il ministero non è in grado di istituzionalizzare una materia che andrebbe invece inserita nel curriculum scolastico: l'educazione all'affettività".

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