V° Conferenza Internazionale del Forum Mondiale sulla Mediazione Sociale, tenutosi a Crans Montana (CH), 9-11 settembre 2005.

Mediazione Sociale e Sicurezza urbana: la progettazione partecipata come fattore di protezione alla violenza e all’insicurezza urbana
Il contesto: Il Comune di Roma ha avviato nel 1999 il progetto sperimentale “Mediazione Sociale”, in tre quartieri periferici ritenuti tra i più disagiati; nel 2001 lo estende ad altri tre quartieri. La gestione del progetto è affidata a 3 cooperative sociali romane (Parsec, Magliana 80, Eureka I). Nel 2004 anche il V Municipio del Comune di Roma attiva un proprio progetto in uno dei suoi quartieri. Successivamente viene varato il Progetto “Esquilino Sicuro”, in un quartiere adiacente la centrale stazione Termini. Attualmente sono 8 i quartieri della capitale in cui si opera attraverso la mediazione sociale, all’interno di sette diversi Municipi composti ciascuno di circa 200.000 abitanti. Il progetto lavora prevalentemente in contesti territoriali caratterizzati da elevata presenza di edifici di edilizia popolare dove si registrano molteplici casi di disagio sociale (famiglie con difficoltà economiche, alti tassi di disoccupazione, lavori precari, dispersione scolastica), diverse modalità di conflittualità urbane (latenti e/o agite) tra cittadini ma anche tra questi e le istituzioni. Passività, rassegnazione e indifferenza caratterizzano gli atteggiamenti di fronte al degrado urbano, ai conflitti tra diverse etnie, ai casi di microcriminalità, di spaccio e consumo di sostanze stupefacenti, atti di vandalismo, di bullismo e di violenza gratuita.

L’approccio: Il progetto “Mediazione Sociale”, partendo dalla mappatura e dall’analisi dei conflitti presenti sui territori, si orienta verso l’empowerment di comunità favorendo la progressiva responsabilizzazione delle comunità locali nella gestione condivisa degli aspetti legati al vivere quotidiano. Curando con i cittadini la promozione di una cultura del dialogo sociale attraverso la costruzione di percorsi in cui gli stessi partecipano al processo di mediazione dei conflitti, il progetto nelle sue diverse azioni tende al soddisfacimento delle esigenze comuni attraverso prassi orientate essenzialmente a evidenziare le potenzialità insite nel dialogo, nel rispetto reciproco, nella rimessa in comunicazione tra cittadini e tra questi e le istituzioni; in sintesi nella partecipazione attiva alla ricerca di soluzioni condivise rispetto alle criticità e ai problemi evidenziati dagli stessi cittadini. In tal modo vengono poste in essere le condizioni fondamentali che permettono di lavorare sul senso di insicurezza (reale e percepito) sempre più presente tra i cittadini. Il rafforzamento dei legami sociali, il senso di appartenenza ai luoghi e agli spazi urbani, il riconoscimento e consapevolezza di un diverso modo di leggere e abitare i conflitti (o a volte la violenza che spesso si instaura tra i confini e le barriere anche simboliche che i cittadini innalzano, prima di fronte ai propri problemi e bisogni, poi soprattutto nei confronti dell’alterità, della diversità, del disagio sociale) divengono fattori protettivi da evidenziare e valorizzare e forme di deterrenza di fenomeni sempre più diffusi come la paura e l’ansia sociale. In questo modo la mediazione sociale a Roma lavora in un’ottica di sicurezza urbana partecipata e integrata. Opera con l’obiettivo generale di avviare con i cittadini processi che favoriscano una cultura mediativa per “una città (che) si-cura”. L’orientamento che sottende tale proposta è quello di porre al centro non tanto il “problema della sicurezza”, quanto piuttosto la “sicurezza urbana come risorsa da costruire insieme”.

Il metodo: Il Progetto “Mediazione Sociale” sin dall’inizio ha lavorato in maniera contestuale alle specifiche caratteristiche e alle differenti problematiche e criticità presenti nei diversi territori. Tuttavia possiamo tracciare le linee generali che caratterizzano nell’insieme le azioni progettuali:

Mappare i conflitti attraverso l’analisi dei bisogni e delle risorse di ciascun quartiere in un ottica di mediazione e di gestione creativa e non violenta dei conflitto
Facilitare la comunicazione tra gli attori che sono presenti in ogni territorio (cittadini, istituzioni locali e centrali, associazioni, agenzie scolastiche ed educative, servizi pubblici, parrocchie, ecc.).
Promuovere e diffondere tra i cittadini, i servizi e le scuole (attraverso progetti di mediazione scolastica integrata) la cultura mediativa nella gestione dei conflitti e delle controversie, tanto a livello interindividuale quanto comunitario.
Promuovere azioni di progettazione partecipata nella gestione delle criticità di ciascun quartiere, che coinvolgano e valorizzino le risorse presenti.
Promuovere azioni di riqualificazione urbana partecipata dei luoghi giudicati insicuri dalla popolazione, attraverso il coinvolgimento degli attori e delle reti sociali coinvolte sul territorio.

Attraverso tali azioni si è inteso contribuire al miglioramento della qualità della vita sociale dei quartieri, in un’ottica di sicurezza urbana partecipata e integrata, dove anche la promozione di eventi aggregativi simbolici e condivisi con i cittadini (carnevale, feste di quartiere, capodanno, tornei sportivi) favoriscano il recupero o lo sviluppo di un senso di appartenenza ai territori, stimolando la consapevolezza che è possibile “fare insieme” e migliorare le condizioni sociali e urbanistiche dei quartieri e della città nel suo insieme. Metodologicamente, i mediatori operano con funzioni di facilitatori della comunicazione e di stimolo alla realizzazione di percorsi condivisi; la loro posizione è quella di internità/esternità rispetto alla stessa comunità territoriale, permettendogli di condividerne le prospettive, i linguaggi e la fiducia, ma anche di rimanere, nei casi di conflitto, “al di sopra delle parti”, e di individuare risorse e soluzioni precedentemente non considerate. Più che trasmettere la necessità teorica di una cultura nonviolenta nella gestione dei conflitti, si è operato in favore di esperienze concrete di gestione e trasformazione delle criticità attraverso azioni di partecipazione di rimessa in comunicazione. La mediazione sociale si è configurata così in un insieme di azioni che hanno contribuito alla costruzione (o ricostruzione) di scambi comunicativi, finalizzate inoltre alla comprensione e alla gestione delle ragioni e delle condizioni della compatibilità relazionale. Ha rappresentato molto più della semplice applicazione di una tecnica di trattamento dei conflitti, configurandosi come processo di produzione di socialità in grado di rigenerare legami tra le persone e di moltiplicare le possibilità di condividere e affrontare i problemi, rigenerando così il tessuto connettivo che lega il cittadino al territorio e al suo ambiente di vita.

A partire dall’esplorazione delle dinamiche sociali esistenti intorno al conflitto, è stato possibile che la figura del mediatore divenisse equivicina a tutte le componenti sociali coinvolte, inserito, in ogni fase della sua presenza sul territorio, in un flusso continuo di produzione di realtà, attraversando vari gradi e sfumature di internità al tessuto sociale, modificando il contesto e modificandosi a sua volta in relazione ad esso. Inserendosi nel flusso di comunicazione del quartiere, il mediatore diviene così una sorta di meticcio, uno che viene da fuori, ma che in qualche modo diviene parte della comunità e della sua storia.. Le azioni del mediatore sociale, si confrontano costantemente e si modificano continuamente interagendo con la realtà sociale del quartiere e possono configurarsi come attività che contribuiscono al miglioramento della vita degli abitanti di un determinato territorio. Il senso del permanere del mediatore all’interno della comunità, il far sì che le diverse posizioni e le diverse prospettive, possano reciprocamente confrontarsi e scontrarsi con pari dignità partendo dall’ascolto attivo, dall’astensione consapevole dall’azione autoreferenziale, produce come effetto l’azione comune con i soggetti locali per la trasformazione della realtà problematica.

La metodologia adottata, si fonda su una concezione del conflitto interpretato come opportunità di cambiamento e di crescita per l’intera comunità locale, una dinamica potenzialmente virtuosa, piuttosto che una patologia sociale da curare. La comunità territoriale risulta essere così un campo (a volte permeato dal conflitto a volte dal dialogo), in cui occorre non ignorare mai differenze e processi di occultamento. Il senso di questa azione rimane all’interno della comunità e si nutre di dinamiche di partecipazione. In questo processo interattivo, il mediatore contamina la comunità sulla possibilità di trovare sempre migliori soluzioni funzionali alla gestione del conflitto, stimola le mediazioni necessarie e segue il processo di soluzione e i suoi effetti nel corpo sociale interagendo coi soggetti nel progettare azioni e praticare soluzioni. In ogni territorio l’approccio alla gestione dei conflitti ha così stimolato la creazione di momenti stabili e informali di dibattito e confronto sulle problematiche evidenziate dai cittadini stessi, divenuti protagonisti di esperienze di progettazione partecipata e integrata del proprio territorio.

I risultati: In tutti i territori sono attualmente attivi “Tavoli Sociali”, momenti di confronto in cui i diversi attori e le diverse prospettive particolari possono confrontarsi, scontrarsi e rielaborare insieme nuove prospettive e soluzioni a problemi comuni e che vedono la partecipazione di un totale di 140 realtà associative e istituzionali dei territori: comitati di quartiere e gruppi informali di cittadini, scuole (presidi, direttori e insegnanti), università, servizi sociali, funzionari amministrativi e politici, sindacati, associazioni professionali e di categoria, associazioni sportive e di volontariato, vigili urbani, forze dell’ordine, parroci. Il progetto opera attraverso contatti diretti e indiretti che coinvolgono annualmente circa 4.500 cittadini in ognuno dei 7 territori, per un totale vicino alle 30.000 persone. L’esperienza dei “Tavoli Sociali”, sviluppa un confronto teso alla costruzione di progetti partecipati di sviluppo del quartiere che possono prendere varie forme: quella della partecipazione attiva a percorsi di riqualificazione urbana partecipata, quella della progettazione di spazi sociali, di servizi o di imprese locali o percorsi scolastici propedeutici all’educazione alla legalità. Attraverso la valorizzazione degli elementi più positivi emersi nell’esperienza della Mediazione Sociale, il Comune di Roma sta sperimentando la nascita di nuove forme di aggregazione sociale, l’avvio di percorsi di formazione o riqualificazione lavorativa, la promozione di nuove figure professionali (custode di quartiere dell’area scuola, verde, dello sport, ecc.), l’apertura di strade o di centri polifunzionali destinati ad attività culturali, ricreative, sportive e di formazione permanente. Il percorso sperimentato a Roma dalla “Mediazione Sociale” rappresenta non solo un momento di lettura dei conflitti e dei problemi dei quartieri, non solo un terreno di gestione della conflittualità, ma anche l’ integrazione operativa tra i vari partecipanti a un percorso di condivisione di progettualità comune, che nasce prima nel quartiere e che cerca nelle istituzioni gli interlocutori necessari. L’uscita da un ruolo esclusivamente curativo nei confronti di ipotetiche o reali “patologie sociali” ha significato introdurre prassi atte a stimolare il protagonismo delle persone e delle comunità nella gestione della conflittualità, scoprendo e rivalutando l’insieme delle funzioni mediative del territorio, di quelle modalità e di quei ruoli che di volta in volta la comunità sceglie di adottare nella gestione di conflitti e problemi. Secondo questa impostazione metodologica la partecipazione diviene il passaggio obbligato riguardo i processi di mediazione e ne è contemporaneamente condizione preliminare e prodotto finale. Favorire la partecipazione della popolazione ai processi di mediazione significa - in sostanza - sostenere e valorizzare quei gruppi e quelle persone che stanno producendo cambiamento attraverso l’uso di uno strumento non nuovo ma spesso ignorato: il dialogo e la fiducia reciproca. Risorse indispensabili ed elementi costitutivi per abitare le relazioni umane, poiché non si abitano i luoghi, ma appunto le relazioni.