Altri, diversi e 'lontani da noi' I giovani italiani e la paura dello straniero
L'emozione genera errori. E la presenza di immigrati sale, nella percenzionedegli intervistati, al 30%. Ma la conoscenza diretta fa cadere le barriere
Diffidenti, talora ostili. E realisti ai limiti del cinismo. E' il ritratto dei giovani - studenti di liceo o di istituti professionali, veneti e emiliani, toscani e pugliesi, che la Fondazione Intercultura ha intervistato per sapere quali sono i 'confini' che i ragazzi tracciano tra se stessi e chiunque sia 'diverso'. Ne emerge il ritratto di una generazione che potrebbe, se qualcosa non cambierà soprattutto nelle scuole, rivelarsi disinformata e più chiusa verso gli 'altri' rispetto al resto d'Europa. La ricerca - che verrà presentata all'Università di Modena e Reggio Emilia in uno degli appuntamenti conclusivi dell'anno del dialogo interculturale promosso dal Consiglio d'Europa - , si intitola "L'altro/a tra noi" e ha analizzato un campione di oltre 1.400 studenti, forse il più grande mai interrogato in Italia su questi temi e in questa fascia di età. Confrontando le risposte con quelle di Eurobarometro, il sistema con il quale l'Unione europea monitora costantemente l'atteggiamento dei cittadini su questioni in perenne evoluzione ai confini tra etica, economia e società, come l'immigrazione, l'omosessualità, la tolleranza religiosa, i giovani italiani appaionoi più rigidi nelle proprie distanze (o paure). E, a sorpresa, i più netti nel tracciare linee di demarcazione verso chi è diverso sembrano essere gli allievi dei licei e delle zone più ricche tra quelle scelte per lo studio di Intercultura. Qualche esempio? I giovani sono preoccupati per il futuro (il 43% teme la disoccupazione, il 32% è preoccupato per il costo della vita e il 30% addirittura per la pensione) mentre l'integrazione degli stranieri è considerata come un obiettivo da raggiungere soltanto dall'11% degli intervistati. Ma i ragazzi intervistati - soprattutto al Nord, dove nelle scuole professionali la presenza di stranieri è cresciuta molto velocemente negli ultimi anni - ritengono che la presenza di immigrati in Italia sia molto più alta della realtà: anziché collocarla intorno all'8-10%, molti hanno indicato "il 30%" o "almeno 20 milioni di persone". "Esiste un'emotività diffusa collegata a un senso di insicurezza e di pericolo - spiegano i ricercatori - che porta i giovani a indicare percentuali molto alte, quasi a sottolineare la fondatezza delle loro preoccupazioni. In generale, emerge una scarsa informazione, che diventa addirittura nulla quando si parla di diritti e doveri degli stranieri". Se si entra nel dettaglio, alcuni gruppi di 'diversi' vengono percepiti come ancora più lontani da sé: l'87% dei giovani ritiene che essere un rom sia una condizione di "svantaggio" (mentre solo il 77% degli europei la pensa allo stesso modo). Appena inferiore la distanza, e dunque il pregiudizio, nei confronti degli immigrati di religione musulmana. Ma, come spiega Roberto Ruffino, segretario generale della Fondazione Intercultura, uno tra i primi studiosi italiani ad aver puntato sugli scambi tra giovani di tutti i paesi, "Diffidenze e paure riguardano i gruppi indistinti. Nelle nostre interviste abbiamo incontrato spesso studenti che avevano un fidanzato o una fidanzata stranieri, o un amico, o un vicino di casa. E tutti dicevano la stessa cosa: 'Lui (o lei) è marocchino, ma è bravissimo, è il mio ragazzo...'. Il rapporto personale, quando c'è, cancella ogni distanza". Anche dai temi realizzati a scuola (prima delle interviste, le classi scelte sono state invitate a lavorare sugli argomenti della ricerca) emerge come un'altra condizione di 'diversità', quella omosessuale, si collochi subito dopo l'essere stranieri o rom nella percezione di "svantaggio": lo afferma il 63% degli studenti, contro il 54% delle media europea. Nella ricca Emilia Romagna, invece, addirittura il 93% dei ragazzi indica la disabilità fisica, un altro dei fattori esaminati, come un grave rischio di "esclusione sociale". Non c'è spazio per chi è diverso nel mondo un po' spietato, un po' pericoloso dove i ragazzi si aspettano di vivere. "In parte - spiega ancora Ruffino - questi giudizi potrebbero riflettere la constatazione che l'integrazione, scolastica e non solo, è ancora assai incompleta e che per chi è disabile o straniero la vita non è facile. Ma per altro verso, sicuramente, queste risposte denotano paura e, soprattutto, una grave carenza di informazioni che dovrebbero diventare materia di studio in tutte le scuole". E c'è anche un 32% di studenti delle scuole professionali che si dichiara "totalmente d'accordo" con misure che impediscano l'arrivo in Italia di altri stranieri. I rimedi possibili? "Più informazioni a scuola, sicuramente, ma anche più scambi con l'estero: chi ha vissuto altrove per almeno sei mesi, provando concretamente che cosa significhi essere 'l'altro', rientra a casa con la mente più aperta", conclude Raffaele Pirola, responsabile comunicazione della Fondazione Intercultura.
(22 settembre 2009)
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