18/09/2009 "Proiezione e dibattito su Yūkoku (憂国) di Mishima"

MODERA L’INCONTRO:
Riccardo Rosati (critico cinematografico)
Come il tenente Takeyama lasciò un biglietto contente la sola frase "Viva le Forze Imperiali" così Mishima lasciò scritto: “La vita umana è breve ma io vorrei vivere sempre”.
SINOSSI: I compagni del Tenente Takeyama sono condannati a morte dopo un fallito colpo di stato. Scelto per eseguire la condanna, il conflitto per Takeyama è tra il restare fedele all’Imperatore e il sentimento di amicizia per i commilitoni. Figlio di samurai, egli sceglie il seppuku come ultima via di fuga.Anno: 1966Durata: 29 minuti ca.Scritto, diretto ed interpretato da: Yukio Mishimae con: Yoshiko Tsuruoka
Film muto con didascalie in inglese
Unica opera cinematografica diretta da Mishima, questo corto è la versione su pellicola del suo racconto Patriottismo (1961).Viscerale e profetico, l’artista giapponese mette in scena alcune delle tematiche a lui care: la fedeltà, il codice etico dei samurai, la patria, la violazione del corpo nel momento di massimo splendore.Trattasi di una opera dichiaratamente teatrale: due attori, lui e la moglie, un solo interno, minimale e austero, riprendendo così la tradizione plurisecolare del teatro Nō. L’aspetto estetico, sempre cruciale in Mishima, si fonde con una storia romantica e appassionata, dove l’amorevole addio dei due coniugi rivela anche un interessante spaccato sul “discorso amoroso” classico nella cultura giapponese.
Un’opera che va letta andando oltre la superficiale patina politica, per poter meglio apprezzare l’universo artistico e culturale di un autore in cui estetica e vita sono indissolubilmente legate.Unica opera cinematografica diretta da Mishima, questo corto è la versione su pellicola del suo racconto Patriottismo (1961).Viscerale e profetico, l’artista giapponese mette in scena alcune delle tematiche a lui care: la fedeltà, il codice etico dei samurai, la patria, la violazione del corpo nel momento di massimo splendore.Trattasi di una opera dichiaratamente teatrale: due attori, lui e la moglie, un solo interno, minimale e austero, riprendendo così la tradizione plurisecolare del teatro Nō. L’aspetto estetico, sempre cruciale in Mishima, si fonde con una storia romantica e appassionata, dove l’amorevole addio dei due coniugi rivela anche un interessante spaccato sul “discorso amoroso” classico nella cultura giapponese.
Un’opera che va letta andando oltre la superficiale patina politica, per poter meglio apprezzare l’universo artistico e culturale di un autore in cui estetica e vita sono indissolubilmente legate.
Riccardo Rosati: nel campo della yamatologia, ha al suo attivo saggi e articoli su pubblicazioni italiane e straniere e ha preso parte a conferenze in Italia e all’estero. Il suo interesse è rivolto principalmente allo studio dei fenomeni sociali attraverso le varie forme artistiche, segnatamente letteratura, cinema e anime. Con Starrylink ha pubblicato: La trasposizione cinematografica di Heart of Darkness (2004), Nel quartiere (2004) e La visione nel Museo (2005). È inoltre autore di Perdendo il Giappone (Armando Editore, 2005).

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