Da Il Messaggero.it
I genitori: «Il Villaggio Prenestino è la periferia della periferia»
ROMA (2 maggio) - Due anni fa due ragazzini delle medie furono picchiati davanti alla scuola media Falcone di Villaggio Prenestino. «Li aspettarono dei ragazzi più grandi, li pestarono», ricorda Donatella Baldacci, la madre di uno di loro, che oggi frequenta le superiori. «Quel giorno decidemmo di reagire e fondammo l’Associazione Genitori Scuola Insieme. Volevamo offrire ai nostri ragazzi qualcosa di più della vita di periferia: sostenere progetti educativi, momenti d’incontro, dal gospel alle rampicate. Qui siamo alla periferia della periferia. Il sindaco l’altro giorno si è fermato a Tor Bella Monaca. Ecco, vorremmo che arrivasse anche a Villaggio Prenestino, almeno una volta. Sa dov’è la stazione dei carabinieri più vicina? A San Vittorino, molto lontano da qui».Alla periferia di Tor Bella Monaca. Siamo nel territorio dell’Ottavo Municipio, che quasi sempre viene ricordato solo per Tor Bella Monaca con una semplificazione che esclude vaste e variegate fette di territorio. Qui l'altra mattina, nel campo da basket della scuola, un ragazzino romeno di neppure quindici anni ha accoltellato, per fortuna non in modo grave, un altro ragazzo ripetente, un sedicenne. Ancora coltelli, ancora violenza, ancora periferia.Tessuto sociale frantumato. «Ma è una periferia complessa da comprendere - spiega un genitore, Mario, che lavora nelle forze dell’ordine e quindi conosce bene il territorio - Questa borgata fu costruita negli anni Cinquanta da famiglie arrivate dalle Marche. Per anni è stato un piccolo paese, dove tutti si conoscevano. Poi dieci anni fa, il tessuto sociale è mutato, si è complicato. Sono state costruite le case popolari a Ponte di Nona, sono arrivati nuovi cittadini, anche immigrati. Tutto troppo in fretta. L’incontro fra i due tessuti sociali differenti è stato portatore di guai».Ragazzi difficili. A complicare un territorio a macchie di leopardo - le case basse e le palazzine di Villaggio Prenestino e a qualche chilometro i palazzoni dell’edilizia popolare - la crescita di nuovi insediamenti. Spiega una mamma: «Questi ragazzi, quando escono da scuola, non si incontrano. Nel pomeriggio ci sono quelli che abitano da una parte, nelle case popolari, e quelli che stanno magari qui attorno, a Villaggio Prenestino. Quelli delle case popolari ci accusano di escluderli, noi magari accusiamo loro di non dialogare, di non integrarsi». Il tessuto sociale sfilacciato, che genera contrasti, trova così un punto d’incontro nelle dieci classi della Falcone (che ha poi altri plessi sparsi sul territorio) dove ragazzi che provengono da famiglie difficili o con genitori immigrati che lavorano dodici ore al giorno faticano a integrarsi.Rischio bullismo. «Questa scuola è stata qualificata a rischio, riceviamo finanziamenti per i corsi di legalità - osserva la preside, Anna Maria Pintus -, ci sono anche ragazzi difficili, con situazione familiari particolari. Ma sarebbe sbagliato semplificare tutto pensando solo agli stranieri. Rappresentano solo il dieci per cento degli alunni». Inutile negarlo: episodi di violenza, di bullismo, risse piuttosto che furti, ci sono stati negli ultimi anni. «Ma mai niente di così grave». Fra i genitori ieri c’era chi drammatizzava: «Siamo una scuola di frontiera, i ragazzini sono minacciati e taglieggiati per strada». Una signora: «Ci sono studenti ripetenti che salgono sulla cattedra e vogliono comandare». «Ci sono risse, cellulari rubati, una violenza esasperata. «Come è possibile che si possa entrare a scuola con il coltello, perché non installano i metal detector?», incalzava un genitore.Senza controlli. «I carabinieri qui ci sono oggi, perché è successo questo fatto così drammatico - insiste Mario, mentre aspetta il figlio - ma di solito non si vedono, la loro stazione è troppo lontana. Ecco, servirebbero più forze dell’ordine da queste parti, più controlli».I coltelli. La preside Pintus ieri mattina raccontava: nei corridoi si respira un clima di tensione, è necessario parlare con questi ragazzi, devono riflettere su quanto è successo. In televisione sentono parlare di coltelli, anche fra i giovanissimi, e decidono di emulare, di copiare. «Eppure qui svolgiamo dei corsi di legalità, stiamo ad esempio studiano il libro di Gherardo Colombo e il 14 maggio parleranno con lui, in videoconferenza, a Tor Vergata. Un centinaio di loro sono stati a visitare Auschwitz». Aggiunge l’insegnante di lettere, Maura Pasini: «E’ triste che ora si parlerà di questa scuola solo per questo fatto, per quanto gravissimo». Un ragazzino mentre aspetta l’autobus spiega come funziona la storia dei coltelli: «Non è che ce l’hanno tutti, ma qualcuno ce l’ha».
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