Aggredito e insultato con epiteti razzisti mentre rientrava a casa. E' quanto è accaduto a un cittadino del Bangladesh di 23 anni, Abul Kashem, in via di Tor Pignattara a Roma. I suoi aggressori, un gruppo di 5 ragazzi, di cui la vittima dice: "Erano tutti bianchi e parlavano bene l'italiano". L'episodio è accaduto la sera di sabato, verso le 22. Ma solo oggi Abul ha trovato il coraggio di raccontarlo pubblicamente: "Non ho il permesso di soggiorno e non ho potuto fare la denuncia, ne ho parlato con i miei connazionali e ho deciso di farmi avanti. Non è la prima volta che succedono episodi del genere in questa zona e abbiamo paura". Insulti e ferite. Paura motivata, come testimoniano le ferite riportate dal ragazzo, risultato di una bottiglia di birra che gli è stata spaccata in testa e di altri colpi presi. "Quella sera pioveva", racconta Abul, "ero appena sceso dall'autobus e mi stavo riparando sotto un arco (un tratto dell'acquedotto Alessandrino ndr). All'improvviso mi sono sentito prendere sotto le braccia. Erano in cinque, forti. Non riuscivo a muovermi. Mi hanno insultato, ordinandomi di stare zitto e mi hanno preso il portafogli e alcuni documenti. Il cellulare l'hanno sbattuto per terra perché non gli piaceva, era troppo vecchio. Quando ho provato a dire qualcosa mi hanno rotto una bottiglia di vetro in faccia. Ho cominciato a perdere tanto sangue e sono scappati, lasciandomi per terra". Un bottino di 140 euro. Sui suoi aggressori dice: "Non mi ricordo bene le loro facce, so per certo che erano tutti bianchi, giovani e parlavano bene l'italiano. Prima di fuggire mi hanno detto: vattene a casa tua". Nessuna denuncia. Una volta solo, Abul è riuscito a chiedere aiuto a un suo connazionale (la comunità bengalese è molto numerosa nella zona), che lo ha accompagnato all'ospedale più vicino, il Vannini. Il referto del medico di turno parla di "graffi multipli del volto", conseguenze di "un'aggressione", guaribili in 7 giorni. La ferita più pericolosa, un taglio sul collo, avrebbe potuto causare anche danni più seri. Abul è stato suturato, come dimostrano i cerotti sul viso, e rimandato a casa. Nessuno ha sporto denuncia. Prima di farsi avanti ci ha pensato: "Non ho il permesso di soggiorno e non ho neanche lavoro. Saltuariamente lavo i piatti in qualche ristorante, due o tre giorni alla settimana".
Episodi in aumento. La sua paura è quella della sua comunità, come testimoniano i dati diffusi in questo mese dall'Osservatorio sul razzismo e le diversità dell'università Roma Tre. Nei primi tre mesi del 2009 sono 29 le aggressioni denunciate dalla associazioni culturali bengalesi a Roma: sei si sono verificate proprio nel quartiere di Tor Pignattara". Qualche giorno fa un episodio simile è stato denunciato a Tor Bella Monaca. Per lo più si tratta di aggressioni ai danni di persone sole e inermi. Un aumento di violenza che sta creando un clima pericoloso, come testimonia un altro ragazzo bengalese: "Abbiamo paura, anche ieri notte uno di noi è stato aggredito, così non possiamo più andare avanti".
(31 marzo 2009)
Nessun commento:
Posta un commento