Sabato 26 settembre 2015 in via Merulana; commercianti e cittadini uniti da un rinnovato senso civico... da sostenere
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Domenica 27 dalle 17.00 in Piazza Vittorio Emanuele, sessione aperta per ballare, suonare e conoscere la programmazione dei laboratori che partiranno ad ottobre. Tutto questo con Le Danze di Piazza Vittorio e alcuni degli insegnanti di danza (D'Ascola e Tarantino), tamburello (Conte) e organetto (Rufo)
Mercato dell’Esquilino, un polo multiculturale nel cuore di Roma. Come svilupparlo? di Michela Becchi 14.09.2015 www.gamberorosso.it
Mercato dell’esquilino, un polo multiculturale nel cuore di Roma.
Come svilupparlo?
Il Mercato dell’Esquilino (ex Piazza Vittorio) è il più
multietnico e internazionale dei mercati rionali romani. Fra verdure, spezie e
anche tessuti da tutto il mondo, i commercianti portano una parte della loro
cultura nella Capitale. Quel che manca però è un senso di coesione.
A pochi
passi dalla più vasta piazza di Roma e sul più alto dei Sette Colli, si trova
il mercato dell’Esquilino. Un mercato centrale e tutto fuorché tradizionale.
Dopo una prima sistemazione a Piazza Vittorio, nel 2001 si è trasferito poco
più in là fra via Principe Amedeo e via Filippo Turati.
Colori, odori e sapori da tutto il mondo riuniti sotto il tetto
che fa da copertura a questo bazar internazionale. Facendosi largo fra gli
scaricatori merce ed entrando nel mercato, si viene accolti da uno sferragliare
di lame e coltelli che vengono affilati dai macellai del posto. È il ritmo del
mercato che fa da sottofondo alle grida e ai richiami dei commercianti che
invitano i clienti ad avvicinarsi al banco. È infatti impossibile passeggiare
fra le varie merci senza essere chiamati da ogni venditore che si sbraccia al
di là del bancone. I più determinati lasciano la postazione per mostrare da
vicino le loro noci di macadamia o papaye fresche. Pesce, carne ma soprattutto
verdura e spezie da ogni dove. India, Colombia, Guatemala, Ecuador, Cina, ogni
paese risponde all’appello presentando i suoi prodotti tipici.
I richiami dei mercanti, lo sgomitare delle signore che già di
prima mattina si aggirano in cerca degli ingredienti più freschi potrebbero
ricordare una Roma antica, la città verace e popolare di una volta. Ma il
mercato dell’Esquilino è invece ben diverso da quello Trionfale, ancora immerso
in un’atmosfera legata al passato, ed è lontano anni luce anche da quello di
Testaccio, che si sta evolvendo verso la formula contemporanea del
gastromarket. È un mercato fatto di voci dagli accenti stranieri, esotici, il
mercato “di Piazza Vittorio”, come ancora lo chiamano gli abitanti della zona,
dimenticandosi del trasferimento. Quella Piazza Vittorio simbolo di
un’integrazione ancora ben lontana da una vera e propria
internazionalizzazione.
Il confronto con l’estero
È vero, qui si possono trovare prodotti provenienti da tutto il
mondo, dalghee(burro chiarificato asiatico) al muscovado(zucchero scuro
delle isole caraibiche), ma purtroppo il modello esquilino non si avvicina
minimamente ai mercati europei. Pensiamo alla Boqueriadi Barcellona o al
Borough Market di Londra dove l’atmosfera è davvero internazionale in un
susseguirsi di piatti espressi e street food. Al mercato dell’Esquilino,
purtroppo, manca la comunicazione: quasi nessuno è disposto a spiegare
l’origine e la lavorazione dei prodotti. A partire dalla coppia di amici dietro
a uno dei tanti banchi di spezie e riso, che si limita a commentare, “viene
tutto, o quasi, dall’India. Ma perché lo chiede?”. Ancora più taciturna è la
loro collega del banco di prodotti cinesi che alla richiesta di un’intervista
scuote la testa. Eppure, fra noodles, frutta e spezie varie, ce ne sarebbero di
storie da raccontare.
Forse è giusto limitarsi a osservare, catturando suoni e profumi
nella memoria, senza porsi tante domande? Forse. Ma passeggiando tra i banchi
dell’ortofrutta è difficile non essere incuriositi dalle verdure esotiche.
Niente cartello, insegna o etichetta, che dia qualche informazione rispetto
alla provenienza o quanto meno al nome. Perlomeno non accanto a quegli ortaggi
verdi dalla forma appuntita. Verdure sudamericane che vengono presentate dal
mercante come “zucchine latine”. Latine di dove?“America Latina,
ovviamente”.Sì, ma da quali paesi? La risposta non può essere altro che “da
tutta l’America Latina. Le provi che sono buone”. Altro banco, stessa
storia. Riflettendoci la cosa non dovrebbe stupire dato che, qui, la clientela,
anch’essa proveniente da tutte le parti del mondo, non necessita di nessuna
spiegazione perché questi prodotti li conosce bene.
A fare la differenza con gli altri mercati non è solo la mancanza
di comunicazione ma anche, purtroppo, le condizioni igieniche. Condizioni
precarie spesso al centro dei fatti di cronaca romana dell’ultimo anno.
Pensiamo ai risultati dei controlli di Polizia di Roma Capitale, Aequa Roma,
Asl e Inps sui banchi del pesce del mercato, che hanno riscontrato prodotti
avariati, mancanza di tracciabilità e talvolta di permessi di vendita. Al di là
dei controlli, ogni cliente attento può constatare con i propri occhi la carne
sistemata nei carrelli della spesa senza alcuna protezione, a contatto diretto
con il ferro vecchio. Così come è possibile osservare l’occhio non troppo
lucido di alcuni (non tutti) pesci o la totale mancanza di igiene mentre
vengono maneggiate alcune materie prime. I mercati europei, insomma, rimagono
ancora un miraggio.
Le eccezioni
Come sempre, vietato generalizzare. Per fortuna, due banchi del
mercato hanno intrapreso la giusta direzione. Due ragazze giovani, una accanto
all’altra, fanno da contraltare a questo mercato caotico. La prima, dalla
Romania, vende pane, formaggi e salumi che si fa arrivare direttamente dal suo
paese con il corriere. “Sono venuta qui perché me ne avevano parlato bene”. Spiega
la commerciante presente al mercato da dieci anni.“Ho iniziato come dipendente,
perché avevo bisogno di lavorare, e ora sono la titolare”. I clienti sono
di diverse nazionalità, ovviamente non mancano i suoi connazionali. Altro
esempio virtuoso è quello della vicina Andrea Lopez, che gestisce un banco
sudamericano. È qui da solo un anno e mezzo e ancora si sta stabilizzando. “Ci
sono stati troppi problemi, e ci sono ancora, legati a fattori igienici. Questo
è grave e ancora faccio fatica ad ambientarmi”. Ma Andrea non demorde. Il
suo banco è interamente dedicato a prodotti latino americani, che vengono
spiegati in maniera impeccabile. Peperoncini freschi, mais, succhi di frutta e
surgelati, tutti provenienti dall’estero: Perù, Ecuador, Brasile e Colombia e
alcuni anche dalla Spagna, è da qui che provengono i surgelati venduti da
Andrea. Per un attimo sembra veramente di essere a Londra, capitale di popoli,
linguaggi e accenti diversi, in cui ogni nazionalità è di pari importanza.
Integrazione
È un mercato multietnico come è giusto che sia nel mondo
cosmopolita in cui viviamo. Anche Roma si sta per fortuna adeguando alla
società contemporanea, o per lo meno ci sta provando. Piazza Vittorio è il
centro della contaminazione etnica della città ma il mercato, se pur in mano a
persone di ogni paese, deve ancora lavorare tanto per arrivare a creare un fac
simile del modello europeo. Perché i prodotti possono anche provenire da altri
continenti ma i venditori e i clienti devono imparare a comunicare e a
condividere la loro cultura, partendo da quella culinaria. Invece qui ogni
banco lavora individualmente, senza curarsi dei colleghi vicini, facendo a gara
a chi riesce ad accaparrarsi più clienti. Quanto sarebbe profondamente
istruttivo, invece, se il signore delle spezie indicasse ai clienti del banco
ortofrutticolo come condire quelle verdure? Il cambiamento deve essere (come
sempre) innanzitutto culturale. Perché se è vero che l’Esquilino è fra i primi
quartieri ad essersi popolato di stranieri a Roma, è vero anche che la linea
fra integrazione ed emarginazione è sempre stata sottile. Un confine labile che
si rispecchia anche nel modo in cui viene vissuto il mercato stesso, ovvero
luogo dove comprare prodotti esotici senza però andare oltre al prodotto in sé.
L’augurio dunque è che questo mercato riesca ad esprimere totalmente le sue
enormi potenzialità.
a cura di Michela Becchi
L’artista Massimo Livadiotti invita gli amici a visitare la sua camera da letto divenuta attraverso la pittura la sua ‘Stanza dei paesaggi’. Le pareti concepite come appunto paesaggi della memoria e del viaggio, il letto in legno dipinto come luogo del pensiero e della psiche, il mobile come elemento simmetrico e speculare. E lo specchio pensato come una ‘soglia’ sugli aspetti esoterici del mondo naturale.
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